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Gay & Bisex

Servizio NCC con sevizie – Parte 3


di Darkdaddy
16.04.2022    |    7.214    |    5 9.2
"Mi stava abbandonando lì: mi scesero delle lacrime sul volto..."
Attenzione: le scene descritte in questo racconto potrebbero urtare la vostra sensibilità. Se vi ritenete sensibili, non proseguite.

Le urla di Matteo mi svegliarono. La luce del giorno filtrava dalle finestre poste in alto.
Aprii gli occhi e lo vidi per terra, di lato, ancora seduto sul dildo, mentre cercava di divincolarsi senza riuscirvi. Aveva fatto cadere la sedia nel tentativo di alzarsi, tuttavia ciò non gli aveva permesso di estrarre quel corpo estraneo dal suo culo.
Mi resi conto che anche Nicola si era svegliato, ma la posizione in cui si trovava, ben legato mani e piedi con catene, con l’imbuto e col mega dildo nel culo, non gli facilitava alcun tipo di movimento. Notai che teneva gli occhi chiusi, quasi a non volerci vedere né a farsi vedere, ed il volto rigato di lacrime mi colpì profondamente, lui che era un vero duro.
“Cazzo succede? Cosa ci facciamo qua? Dove siamo finiti?!”. Matteo era in preda all’isterismo. Evidentemente la droga aveva fatto più effetto a lui che a me, per cui aveva realizzato solo al suo risveglio lo stupro e le torture che aveva subito, e certamente quel dildo completamente dentro il suo culo non contribuiva a tranquillizzarlo.
“Matteo… per quanto difficile… stai calmo…
“Calmo un cazzo!! Cosa mi hanno fatto… cos…” i suoi lamenti e i suoi singhiozzi rendevano impossibile la comprensione delle sue parole.
“Matteo… lo so, è spaventoso… se è per questo, Nicola sta messo peggio di te, guardalo... Nicola, se mi senti, muovi un po’ la testa”. La sua testa si spostò lievemente, così continuai a parlare.
“Siamo usciti dalla discoteca e l’autista della società NCC ci ha proposto di portarci ad un after.
Appena scesi dal van, ci hanno narcotizzati, e ci siamo risvegliati completamente nudi, imbavagliati ed incatenati.
Sono entrati degli uomini, con addosso un camice medicale ed una maschera del diavolo, che si sono disposti a gruppi da tre attorno a noi, ed uno di loro rimaneva al centro. Dopo che si sono tolti il camice, ci hanno fatto bere qualcosa che conteneva droga, e poi siamo collassati”.
Trovavo insensibile raccontare loro quello che, inconsciamente, avevo visto accadere, tanto più che avrebbero potuto sentirmi anche gli aguzzini, scoprendo che in realtà avevo testimoniato le loro perversioni malefiche, che per cui tralasciai il resoconto dettagliato e optai per una constatazione della situazione di fatto.
“A giudicare da come siamo sistemati, temo abbiano disposto dei nostri corpi come hanno voluto… Nicola, ci sei?”.
Udì un flebile suono tramite l’imbuto.
“Ma chi sono?? Cosa vogliono??”. Matteo parlava a tono sempre più basso, pervaso dalle lacrime.

Si aprì il portone in quel momento, e si accesero le potenti luci al neon.
Entrarono circa una ventina di uomini, tutti incappucciati, vestiti di tuniche bianche.
“Diamo inizio al quarto gioco. Purtroppo, noto con rammarico che la scenografia è stata in parte rovinata, ma il pronto intervento di due volontari ripristinerà la perfezione che avevamo creato”.
Un paio di essi andarono verso Matteo, che cominciò ad agitarsi urlando. Lo presero per i capelli e per il braccio destro, e lo rimisero diritto, incuranti delle sue urla di dolore. Uno dei due gli assestò un pugno nello stomaco, che lo fece svenire. Un terzo uomo riprese tutta la scena.
La maggioranza – circa una quindicina di uomini – andò da Nicola, disponendosi attorno all’imbuto.
“Cominciamo”.
Si tolsero le tuniche, mostrando dei corpi variegati nelle dimensioni e nei colori: alcuni magri, alcuni sovrappeso, altri ben definiti; e poi taluni bianchi, certi neri, e altri dall’incarnato olivastro. Un altro uomo, ancora con la tunica, si avvicinò con uno smartphone, pronto a riprendere la scena.
Cominciarono a pisciare dentro l’imbuto, a gruppi di due, dandogli così la possibilità di ingoiare il piscio senza farlo traboccare. All’inizio, degli zampilli fuoriuscirono dall’imbuto, tanto che venne richiamato all’ordine da una mano che gli schiacciò i testicoli, ma poi nulla si rovesciò, e il povero Nicola dovette bere piscio direttamente da tutti quegli uomini, in maniera veloce per non inceppare in una nuova fuoriuscita, e di conseguenza in una nuova strizzata di testicoli (o peggio). Finalmente gli tolsero l’imbuto, e Nicola poté finalmente chiudere la bocca, passarsi la lingua sulle labbra, e deglutire propriamente, facendo sobbalzare il pomo d’Adamo con l’ingoio della propria saliva.
“La prima parte del quarto gioco è completata. Ora procediamo con la seconda parte”, annunciò il tizio muscoloso.
L’uomo con lo smartphone continuò a riprendere mentre due uomini estrassero il mega dildo che Nicola aveva nel culo: lo fecero uscire lentamente, affinché percepisse bene ogni centimetro che usciva dal suo culo, tenendo le chiappe ben aperte per mostrare l’enorme buco che si era creato.
Si avvicinarono i cinque uomini di colore: sembrava fossero stati scelti per avvalorare lo stereotipo della dotazione, dato che avevano dei cazzi grandi tanto quanto il dildo appena uscito dal culo di Nicola, se non addirittura più lunghi o più grossi.
Si passarono del lubrificante sui cazzoni, e l’operatore con lo smartphone suggerì di metterne anche sul buco di Nicola: dopo una breve discussione, non accolsero quella proposta e cominciarono a infilare i loro cazzoni dentro il culo di Nicola senza alcun unguento lenitivo. Nonostante ciò, Nicola non sentì alcun male, se non nello spirito. Piangeva sommessamente, mentre quei neri se lo scopavano a turno, cercando di spingere dentro al suo culo tutta la loro dotazione. Cominciarono a sborrargli in culo uno dopo l’altro, emettendo suoni bestiali, urlando con la testa rivolta in alto mentre scaricavano tutta la sborra che avevano nei coglioni dentro il culo ormai completamente divelto di Nicola.
Lui, uno dei ragazzi più belli che conoscessi, muscoloso e con un viso da modello, grande scopatore di ragazze, era stato ridotto ad una troia totale per uomini di qualsiasi tipo, che fossero vecchi o giovani, grassi o muscolosi, tutti comunque pervertiti e dotati.
Gli uomini di colore si avvicinarono alla bocca di Nicola per farseli pulire. Con un gesto automatico, lui aprì la bocca e li passò uno ad uno, leccandoli e succhiandoli avidamente, rendendoli lindi e pronti ad un nuovo uso. Nel frattempo, gli altri uomini si avvicinarono al suo culo, stavolta uomini dal fisico normale, taluni sovrappeso, che cominciarono a scoparlo a turno, mentre lui leccava i cazzi dei neri.
Orami non sentiva più nulla: il suo culo era diventato uno sborratoio alla mercé di qualsiasi uomo che volesse svuotarsi i coglioni. La sborra gli colava fuori dal culo, e certi la prendevano con le dita per mettergliela in bocca, e lui leccava tutto quello che gli veniva messo in bocca, senza alcuna esitazione.
L’uomo con lo smartphone riprese tutto quello che Nicola fece con la sua bocca, alternando le inquadrature al suo culo perennemente svangato da cazzoni.
“Questo quarto gioco è riuscito benissimo: complimenti a tutte le parti coinvolte, davvero un ottimo lavoro”.
Matteo mormorò qualcosa, piagnucolando, subito zittendosi per paura di essere sentito e quindi di ricevere altri cazzotti. Sgranai gli occhi verso Nicola, che era totalmente impassibile. Cominciai a chiamarlo, senza esito. Lo liberarono e lo distesero sul materasso.
“Bastardi, perché ci fate questo? Maledetti schifosi”.
Il tizio muscoloso si voltò verso di me e si avvicinò, avanzando lentamente. Si chinò su di me, mi ravvivò i capelli ricci, spostandomeli dalla fronte, e poi mi diede un buffetto su una guancia. Tremavo sempre di più, dalla rabbia e dalla paura.
“Forse non conosci così bene il tuo amico… forse dovresti chiedergli che cosa ha fatto l’anno scorso”.
“Non me ne frega un cazzo di quello che ha fatto, nulla giustifica le porcherie che ci state facendo, siete dei pezzi di merda e vi denunceremo quando usciremo da qui! Bastardi!”. Piangevo, di un pianto isterico, quasi disperato.
“Comunque, il tuo amico ormai non oppone resistenza a nulla, come una bambola gonfiabile… e visti i muscoli gonfiati, il paragone è azzeccato”.
Si alzò e tornò al centro della scena.
Matteo venne liberato dalle catene ai polsi e alle caviglie, ed invitato ad alzarsi da solo. Il dildo era ben piantato in lui, tuttavia riuscì a divincolarsi piuttosto in fretta. Si guardò attorno, e notò che nessuno si avvicinava a lui. D’istinto, andò verso il portone, per cercare di uscire. Nessun uomo si mosse, tanto meno il tizio muscoloso.
“Matteo… dove vai… aspetta…”.
“Scappo a cercare rinforzi… tu rimani tranquillo... torno coi carabinieri”, mi urlò trafelato mentre si lanciava sulla maniglia del portone.
Mi stava abbandonando lì: mi scesero delle lacrime sul volto.
Riuscì ad aprire il portone e, pur completamente nudo e con del liquido che gli colava lungo le gambe, uscì di corsa, urlando a squarciagola. Le urla si attutirono man mano che la distanza cresceva, fino a scomparire del tutto. Afflosciai la testa sul materasso, incazzato nero, disperato, con un senso di impotenza e di abbandono.

P.S. Vi ricordo che, essendo un racconto, fatti e persone sono puramente frutto della mia fantasia.
I racconti sono, per l'appunto, racconti, ovvero una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico, ma non per questo una storia vera. Se ritenete che quanto scritto da Dick, Cooper o Apollinaire corrisponda al vero, allora forse dovreste rileggere il significato di “racconto”…


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